Le immagini

officina n° 28giugno 2017

EDITORIALE

Questo numero è dedicato al linguaggio iconico. Con esso si chiude la trilogia movimento-suoni-immagini. All’interno di questo sguardo semiotico ampio, le immagini assumono un significato particolare nell’aula, poiché spesso di impatto immediato, capaci di costituire un ponte di accesso ai significati, anche laddove la lingua si riveli motivo di difficoltà. Il loro impiego è considerato imprescindibile, assieme ai gesti, in classi di principianti o di studenti non scolarizzati; più in generale, tornano utili per gli allievi che hanno uno stile di apprendimento visivo e per stimolare l’interazione e il confronto ai livelli più alti (si pensi al loro uso negli esami di certificazione).
 

Oggi le immagini che corredano i libri di testo rivelano, inoltre, una sensibilità più raffinata rispetto a quella che traspare dai bozzetti dei testi di molti anni fa. Per l’italiano, in particolare, lingua del design e della moda, l’uso di una grafica gradevole all’occhio, un sapiente dosaggio del colore e una scelta oculata del carattere, paiono più una scelta dovuta che non il lusso di un editore.
 

I contributi di questo numero mettono in luce alcuni usi particolari delle immagini nella classe di italiano. A chi ci segue auguriamo una proficua lettura.

 

Francesca Talpo, nell’articolo, prospetta una serie di attività che si possono realizzare all’interno di un museo. Diverse proposte sono adattabili anche alla lezione tradizionale, mediante il ricorso a riproduzioni di opere d’arte.

 

Nell’intervista Haydée Silva, firma internazionale della didattica ludica, analizza da più angolature la questione dell’uso delle immagini nella classe di lingua, offrendo spunti pratici.

 

Di Chaz Pugliese, nella sezione didattica, è il brillante questionario che stimola lo scambio tra gli studenti dinanzi a un’opera d’arte.

 

Nella sezione extra, Concetta Lapomarda, esperta di divulgazione scientifica, offre una serie di indicazioni sull’uso dei colori nella presentazione dei materiali.

 

I contenuti di questo numero di officina.it sono a cura di Paolo Torresan.

Redazione e coordinamento: Euridice Orlandino.

INTERVISTA

Haydée Silva (Università Nazionale Autonoma del Messico, Facoltà di Lettere e Filosofia) si occupa di teoria letteraria, didattica, traduzione, interpretazione e gioco. Tra i suoi saggi, segnaliamo: Le jeu en classe de langue (Parigi, CLE International, 2008). Svolge attività di formazione, principalmente centrata sul gioco.

 

Intervista a Haydée Silva

di Paolo Torresan

 

Perché è importante usare le immagini nella classe di lingua?

 

L’uso delle immagini nella classe di lingua vanta una lunga e ricca storia, che affonda le sue radici nell’antichità. In epoca moderna, Eilhard Lubinus promuoveva l’uso delle immagini e del gioco per migliorare l’insegnamento del latino (1617). Qualche decennio più tardi Comenio avviava una riflessione sull’uso delle immagini nell’educazione linguistica, all’interno di una prospettiva pedagogica più ampia e strutturata. Nel secolo scorso, con l’avvento del metodo audiovisivo, le immagini venivano considerate come delle risorse indispensabili, sia per lo sviluppo delle abilità ricettive che per quello delle abilità produttive.

Eppure sono dell’opinione che, oggi come oggi, non si sfrutti ancora appieno l’immagine per le potenzialità che può offrire. Le immagini presentano, in effetti, diversi vantaggi: uno dei principali è, senza dubbio, il fatto che trasmettono un significato senza ricorrere al codice verbale. Si potrebbe dire che l’accesso al significato sia, in questo caso, molto più rapido e diretto, e che non occorra passare per una traduzione. In realtà, anche le immagini si leggono e non tutti disponiamo della stessa abilità per poterle interpretare, specie quando sono complesse e/o provengono da una realtà culturale diversa. A ciò si aggiunga il fatto che quando l’insegnante di lingua rappresenta alla lavagna un qualsiasi oggetto, nulla impedisce che gli studenti cerchino, nel repertorio lessicale della L1, il termine riferito a quanto rappresentato.
 

Sul piano pratico, possiamo sfruttare le immagini che accompagnano un testo per far formulare ipotesi agli studenti. Si può svolgere, per esempio, un lavoro di ricerca molto interessante sui testi illustrati di letteratura per l’infanzia: mentre in alcuni testo e immagini sono ridondanti (cioè queste ultime integrano il messaggio veicolato dal testo stesso), in altri – adattabili in ambito didattico nelle classi di adolescenti e adulti – le immagini consentono di attivare un livello di lettura diverso da quello, letterale, che offre il solo testo, e arricchiscono così la prospettiva narrativa. È il caso, per esempio, dei volumi di Anthony Browne e Claude Ponti.
 

Un ulteriore vantaggio, poco menzionato ma non trascurabile, è il fatto che il linguaggio iconico conferisce al materiale didattico un aspetto polivalente. In una lista di verbi al passato, ciascuno di essi trasmette un’idea univoca: rimanda a un’azione svolta esclusivamente al passato, descritta proprio attraverso quel verbo. Se invece disponiamo di dadi con immagini impresse su ogni faccia che illustrino azioni (come le story cubes), a ciascuna azione potremmo far corrispondere un tempo e un modo rapportati agli obiettivi didattici che ci siamo posti, dall’infinito al congiuntivo; ci sarà inoltre un margine più ampio di interpretazione: il disegno di un viso con una bocca spalancata potrà significare “gridare”, ma anche “cantare”, “sbadigliare”, “sorprendersi”, “spaventarsi”, ecc.
 

Non bisogna comunque dimenticare che il termine ‘immagini’ riguarda una gamma molto ampia di materiali, alcuni dei quali si possono dire ‘autentici’, altri meno: dai disegni semplicissimi e abbozzati – come i pittogrammi – fino alle opere d’arte, le foto, i collage, senza tralasciare gli schemi, le mappe, le immagini in movimento, ecc. Rientra nella dimensione iconica anche la disposizione grafica del testo, sulla pagina o sullo schermo, ed è possibile indurre gli studenti a migliorare la loro competenza semiotica invitandoli a riconoscere le caratteristiche grafiche ricorrenti.

Insomma, il tema dell’uso delle immagini in glottodidattica lo si può affrontare da molti punti di vista, sicché è difficile pensare lo si possa ridurre a una breve serie di indicazioni.

Io credo sia proficuo che ogni insegnante si interroghi sull’uso delle immagini, o meglio sugli usi delle immagini in ambito didattico, in relazione ai diversi obiettivi del curricolo e tenendo conto delle caratteristiche degli studenti; il che è ancora più importante in un’epoca, la nostra, in cui si sottolinea la necessità di sviluppare competenze trasmodali, che coinvolgano più modi o codici (iconici, linguistici, gestuali e auditivi). Insomma, non si tratta tanto di utilizzare questa o quell’immagine, quanto di fare in modo che i nostri studenti affinino competenze di analisi, interpretazione e creazione di testi, nei quali le immagini, anziché elemento accessorio, rivestano una parte integrante.

 

Ci può suggerire alcune idee circa l’uso ludico delle immagini per favorire la collaborazione tra gli studenti?

 

Il nesso gioco-immagini, nella classe di lingua, apre prospettive talmente ampie che è difficile poterle considerare in questa sede. Preferisco, piuttosto, delineare brevemente due questioni, quella dei giochi in commercio e il riferimento a una strategia poco nota.

I giochi in commercio sono molti e assai stimolanti. In didattica, la prima cosa a cui si può pensare sono le flashcard (schede di vocabolario illustrato), le quali però, per essere usate facendo interagire gli studenti, dovrebbero rientrare in una progettazione ben strutturata (al di là del semplice memory, per dire). Ci sono poi molti giochi da tavolo basati su immagini, rivolti al grande pubblico, che possono essere usati proficuamente in una classe di lingua; per esempio, le carte illustrate per sviluppare racconti nel gioco del C’era una volta (Il était une fois di Darwin Project), o per ricostruire la linea del tempo in Timeline di Asmodee o, ancora, le tessere per cercare oggetti nel gioco Kaleidos di Cocktail Games, o per identificare personaggi nel gioco dell’Indovina chi di Hasbro, o per identificare oggetti nel gioco del Mystery Garden di Ravensburger. Ciò che è interessante è la duttilità di questi giochi: permettono di raggiungere vari tipi di obiettivi (comunicativi, cognitivi, culturali, ecc.), in riferimento a classi di diverso livello, e per lingue target diverse.
 

Veniamo al secondo punto. Uno degli aspetti più interessanti che la pratica didattica mi ha permesso di sperimentare ha a che fare con l’uso delle immagini come strumento di autoverifica. Per fare un esempio: si può digitare un breve testo sul fronte di un foglio e sul retro copia-incollare un’immagine che copra l’intera superficie del foglio. Il testo può essere oggetto di riordino, e quindi verrà tagliato in tante parti quante sono le sezioni da riordinare. A riordino concluso, lo studente verificherà la correttezza della ricostruzione, verificando se l’immagine sul retro sia composta adeguatamente o meno (per rendere più agevole l’operazione, prima consegno una cartellina trasparente aperta su un lato agli studenti, in modo che vi possano disporre i ritagli in modo più ordinato). Lo stesso può essere pensato in un’attività di matching: se si devono far abbinare due item impressi su alcune schede (per esempio: un concetto e la sua definizione), possiamo segnare sul retro delle schede – prima che siano ritagliate, vale a dire quando sono disposte su due colonne sullo stesso foglio – un simbolo (una stella, una spirale, un triangolo, ecc.). Se il simbolo, voltando le schede alla fine dell’attività, risulta ricostituito, significa che l’abbinamento è stato eseguito correttamente, in caso contrario lo studente deve tornare sulle schede da abbinare e riprocedere con il matching.  

 

Molto interessante: ottima idea. Lei, per caso, ha messo a punto anche attività nelle quali gli studenti sono tenuti a disegnare?

 

Devo dire la verità: non molto. Ho praticato sporadicamente attività nelle quali gli studenti, al fine di verificare quanto compreso, realizzano disegni da soli o in gruppo. Per esempio: uno descrive un’immagine e l’altro la disegna, o la classe per intero, mentre ascolta, realizza alla lavagna un disegno, mettendo a fuoco gli elementi-chiave del testo e poi, poco a poco, inserendo i dettagli. In entrambi i casi, dimostrare di aver compreso non richiede necessariamente il ricorso alla lingua.

 

Infine, qual è la Sua opinione in merito alla qualità delle immagini dei libri di testo?

 

Risulta quasi impossibile pensare a un manuale di lingua contemporaneo privo di immagini. La qualità, certo, è aumentata negli ultimi decenni. Ovvio, ci sono delle regole di mercato che l’editoria segue: elaborare immagini di alta qualità impone un costo economico. Di conseguenza, i manuali con le immagini più attraenti e originali sono in genere più cari degli altri, anche se a volte a ciò non è detto corrispondano indicazioni metodologiche precise.


Ad ogni modo, gli insegnanti possono contare su un’offerta enorme di immagini, alla portata di un semplice clic, catalogate secondo criteri specifici. Questo però richiede sempre un occhio critico, attento, etico: occorre selezionarle con giudizio; inoltre, ci possono essere problemi tecnici o restrizioni legate alla proprietà intellettuale. Comunque sia, torno a sottolineare, dobbiamo evitare di credere che le immagini abbiano un carattere univoco e universale: passano infatti attraverso il filtro di una lettura singolare, unica, constestualizzata. Più in generale, occorre inserire le immagini con una certa logica all’interno di un percorso didattico: non si tratta di abbellire i materiali, ma di sfruttare al massimo le potenzialità di questo tipo di risorsa all’interno del percorso di apprendimento.

 

 

Riferimenti

Diversi articoli di Haydée Silva sono liberamente consultabili sul portale www.academia.edu previa registrazione. 

ARTICOLO

Francesca Talpo è lettrice di italiano all’Università di Augsburg (Germania). Ha lavorato per musei e istituzioni culturali tedesche e italiane e nella redazione della rivista Adesso (Spotlight Verlag). Dal 2001 tiene laboratori di scrittura creativa e corsi di formazione per insegnanti di italiano e mediatori d’arte. Ha pubblicato articoli in cataloghi di mostre, riviste e quotidiani.

 

Arte e abilità di scrittura

di Francesca Talpo

 

Una lezione di LS/L2 al museo
 

Nella mia esperienza di insegnante di italiano LS in Germania mi sono scontrata, come molti colleghi, con la difficoltà di far esercitare agli studenti l’abilità di scrittura. Nei corsi di lingua si scrive infatti molto poco, soprattutto in classe, durante la lezione. Per il ritmo lento della scrittura non c’è mai tempo e spesso si relega questa importante abilità al compito per casa. Così ho deciso di introdurre nei miei corsi le tecniche di scrittura apprese quando lavoravo come mediatrice d’arte allo Sprengel Museum di Hannover e di trasferire, per una volta, la lezione tra le mura di un museo.
 

L’interazione con l’oggetto artistico, il fare delle cose partendo da esso, dà alla lezione di LS/L2 un valore aggiunto di “evento straordinario”, trasformando il museo da spazio in cui ci si muove tradizionalmente con rispetto, in silenzio, quasi si trattasse di un luogo sacro, in spazio vivo e dinamico. Per questo motivo è preferibile lavorare in musei d’arte moderna e contemporanea dove provocazione, gioco e coinvolgimento emotivo – prerogative dell’arte contemporanea – aiutano l’approccio libero e ludico delle tecniche di scrittura che tratteremo in questo articolo.


Arte, scrittura e inconscio

Al centro delle attività di un laboratorio di scrittura al museo c’è l’interazione con le opere d’arte, in un particolare gioco di rimandi tra l’opera, prodotto dell’atto creativo dell’artista, e la scrittura, atto creativo dello spettatore. Il tutto prende origine dalla sfera emozionale, la parte più intima e istintiva dell’uomo, che l’arte ha il potere di attivare e di portare a galla. Negli esercizi proposti si parte infatti dalle suggestioni suscitate in ciascuno studente dall’opera d’arte. In seguito, attraverso un percorso guidato, l’insegnante sostiene lo studente nella creazione di un testo compiuto in LS/L2 (un breve racconto, un esercizio di stile, “istruzioni per l’uso” di un congegno, un haiku, ecc.). L’arte, in tutto ciò, è una sorta di ponte che collega la sfera interiore più autentica dello studente alla LS/L2, agendo al livello profondo dell’acquisizione (cfr. distinzione apprendimento/acquisizione in Krashen, 1982).


Un laboratorio di scrittura creativa

Un laboratorio ha la durata di circa tre ore ed è diviso in tre fasi. Si apre con un riscaldamento, per attivare l’interesse, e si chiude con un esercizio di congedo. In mezzo si possono realizzare da due a tre attività di scrittura. Tra le numerose, ne presentiamo qui tre, che coprono l’arco di competenza B2-C2.

È fondamentale che il laboratorio sia accompagnato da un continuo “effetto sorpresa” per mantenere accesa la curiosità e l’attenzione: per questo non bisogna mai anticipare allo studente i passi successivi.


Riscaldamento

Materiale: fogli, penne.

Per prima cosa è importante avvicinare il gruppo allo spazio espositivo del museo in cui si è deciso di lavorare. In corrispondenza di alcune opere d’arte, si dispongono sul pavimento dei fogli di carta. Gli studenti girano per le sale del museo, cercano le opere contrassegnate dai fogli e scrivono su questi la prima cosa che gli viene in mente.

 

1) Scrittura di un breve racconto con la tecnica della scrittura creativa

Materiale: 4 fogli per studente, un supporto rigido su cui scrivere, penne, dizionari.

In un minuto ognuno osserva, in silenzio, un’opera d’arte scelta dall’insegnante.

Gli studenti vengono poi introdotti alla tecnica della scrittura automatica surrealista, che si fonda sul rapporto tra scrittura e inconscio. Ognuno scrive – nella propria L1 – senza interruzione, per tre minuti, tutte le parole che gli vengono in mente di fronte all’opera (sostantivi, aggettivi, verbi, brevi frasi e termini connotanti sensazioni ed emozioni suggerite dall’opera). Per il poeta surrealista francese André Breton (1924, tr. it. 1992: 343), la scrittura automatica deve essere un flusso ininterrotto: “Scrivete rapidamente senza un soggetto predisposto, tanto rapidamente da non fermarvi e non essere tentati di rileggere”.

Ciascun partecipante sottolinea 12 tra le parole che ha appena segnato e, con l’aiuto dei compagni, del dizionario o dell’insegnante, le traduce in italiano, scrivendole una sotto l’altra su un secondo foglio.

Compilata la propria lista, lascia il foglio sul pavimento. A questo punto è permesso copiare. Ognuno deve infatti scegliere 8 parole tra le proprie e quelle presenti sulle liste dei compagni. Queste vanno trascritte, in colonna, su un terzo foglio.

Ognuno ha quindi 20 minuti per scrivere su un quarto foglio, in silenzio, una breve storia contenente le 8 parole, senza necessariamente seguire l’ordine di trascrizione, optando piuttosto, di volta in volta, per la parola che si adatta meglio allo svolgimento del racconto. Titolo e genere del racconto sono indicati dall’insegnante.

Alla fine ogni studente legge il proprio testo ai compagni, segnalando prima le 8 parole utilizzate.

(Variante per la scrittura di un testo regolativo: ho realizzato un’attività simile con alcune “macchine inutili”, sculture a ingranaggio in movimento, che spesso producono rumore, dell’artista svizzero Jean Tinguely, di cui una è riportata nella foto. In questo caso gli studenti dovevano stabilire la funzione e scrivere le istruzioni per l’uso di un assurdo marchingegno, utilizzando 8 parole scaturite dalla scrittura automatica).


Al termine di ogni attività si può aprire la discussione dando spazio alle domande e alle risposte in plenum.

 

2) Haiku

Materiale: fogli e penne.

L’insegnante spiega agli studenti che comporranno un haiku. L’haiku è un tipo di poesia di origine giapponese composta di soli 3 versi: il primo di 5 sillabe, il secondo di 7 e il terzo ancora di 5. Data la brevità, è particolarmente indicato per cogliere in maniera spontanea, quasi come uno scatto fotografico, attimi, sensazioni e atmosfere suscitate, in questo caso, dall’opera d’arte.

L’insegnante condivide con la classe alcuni esempi di haiku in italiano; i seguenti, per esempio, sono tratti dalla rete (l’autrice è Umberta Mesina):

 

oscilla quieta

nella brezza estiva

la ragnatela

 

un gelsomino:

arriva all’improvviso

il suo profumo

 

Monte Subasio
sorride al sole, bianco
di neve fresca

 

A ogni studente è, quindi, concesso 1 minuto per osservare in silenzio 3-4 opere tra loro vicine e per sceglierne una su cui lavorare. Ha 15 minuti per concentrare in un haiku le impressioni suscitate dall’opera. Legge infine il testo ai compagni, i quali devono indovinare a quale opera è riferito.

 

3) Scrittura collettiva di un racconto

Materiale: fogli e penne.

Gli studenti vengono divisi in piccoli gruppi. Ogni gruppo lavora in una differente sala espositiva interagendo con 4-5 opere lì esposte. Queste costituiscono i capitoli di un breve racconto da ideare e scrivere collettivamente. L’insegnante stabilisce il tempo verbale e l’utilizzo, nella narrazione, della prima o della terza persona singolare. Genere e titolo sono liberi. Tempo a disposizione: 30 minuti.

Ogni gruppo elegge un portavoce che leggerà il racconto agli altri gruppi di fronte alle opere che hanno ispirato la storia.

 

Congedo

Materiale: cartoline raffiguranti opere d’arte del museo in cui si è lavorato, buste affrancate, penne.

L’insegnante dispone sul pavimento le cartoline. Tra queste ognuno sceglie la preferita e scrive a se stesso una breve lettera sull’esperienza laboratoriale appena conclusasi. La inserisce quindi in una busta su cui scrive il proprio indirizzo. Dopo circa 2-3 settimane l’insegnante spedirà le cartoline ai partecipanti.

 

Ripresa

Nelle due lezioni successive è opportuno lavorare sui testi prodotti al museo, procedendo, ad esempio, alla correzione degli scritti mediante la revisione tra pari o approfondendo alcuni argomenti morfosintattici emersi; ci si può servire, a tal proposito, di attività ludiche, come la “staffetta grammaticale” ideata dal collega Gian Mario Di Carlo della Hochschule di Augsburg. L’attività, gentilmente concessaci, è scaricabile da questo link

Con gruppi particolarmente motivati si possono approfondire le tematiche affrontate con una ricerca sugli artisti o sulle correnti su cui si è lavorato.

 

Riferimenti bibliografici

Breton, A., Manifeste du Surréalisme, Éditions du Sagittaire, Parigi, 1924 (tr. it. “Primo Manifesto del Surrealismo”, in M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli, Milano, 1992).

 

Krashen, S., Principles and Practice in Second Language Acquisition, Pergamon, Oxford, 1982.

DIDATTICA

Chaz Pugliese insegna presso l’École Supérieure du Commerce Extérieur. È tra i coordinatori del C-group, un gruppo internazionale di insegnanti di lingua che si propone di diffondere iniziative a favore della creatività in aula. Tra i suoi testi citiamo: Being Creative: The Challenge of Change in the Classroom (Delta, 2010) e il recente Creating Motivation -  Activities to Make Learning Happen (Helbling, 2017), dove figura l’attività che qui condivide con i lettori.

 

 

La lettura multiprospettica di un’opera d’arte

 

Lo studioso applica la visione policentrica dell’intelligenza di Howard Gardner all’educazione linguistica, utilizzando un’opera d’arte come stimolo per far parlare gli studenti.


Secondo la prospettiva di Gardner, a ogni apprendente corrisponde un profilo cognitivo caratterizzato da una singolare combinazione di intelligenze. Le intelligenze di cui lo studioso rivendica l’esistenza (1983; 1999) sono le seguenti:

  • logico-matematica, legata al calcolo e alla formulazione di ipotesi
  • linguistica: coincide con l’abilità di usare il linguaggio per scopi precisi (espressivi, strumentali, ecc.)
  • cinestesica, legata al movimento fino o al movimento coordinato
  • spaziale, da cui dipende la capacità di prefigurarsi, attraverso l’uso dell’immaginazione, la posizione degli oggetti nello spazio
  • naturalistica, che si esercita nel confronto tra oggetti e nell’elaborazione di insiemi
  • intrapersonale e interpersonale, tramite le quali si è capaci di gestire al meglio, rispettivamente, le emozioni e le relazioni con gli altri
  • musicale, tradotta nell’arte di manipolare i suoni, riconoscere il ritmo, ecc.

È in attesa di conferma una nona intelligenza: quella esistenziale (alla quale si collegano le grandi domande sull’esistenza).

 

Gardner è del parere che, al fine di soddisfare i bisogni dei diversi allievi, l’insegnante è tenuto ad ampliare il repertorio di modalità mediante le quali presenta un contenuto o una procedura. Denomina punti di accesso (entry points) le attività che consentono di catturare e dirigere l’attenzione della classe su un dato tema, facendo appello ora a un codice ora a un altro.


Un punto di accesso linguistico può essere un racconto; uno matematico può tradursi in una statistica; uno intrapersonale può riguardare la risonanza interiore che un certo fatto evoca nell’apprendente (es. una scoperta scientifica, un evento storico, un concetto filosofico, ecc.).


Possiamo avere punti ‘integrati’: un diagramma di flusso per esempio costituisce un punto di accesso spaziale e logico allo stesso tempo; una canzone media lingua e musica e così via. Uno stesso contenuto disciplinare può essere rappresentato agli allievi da più punti di accesso (alcuni dei quali integrati, come detto), a garanzia di una maggiore ‘democrazia’ dell’apprendimento. Per esempio, lo studente che fatica a gestire i numeri ma ha una spiccata sensibilità estetica o sociale trarrà vantaggio dall’uso di analogie tra la matematica e il mondo dell’arte o tra la matematica e quello delle relazioni interpersonali, di cui appunto l’insegnante può servirsi.  

 

Chaz Pugliese ha applicato un approccio di questo genere, sollecitando, attraverso un questionario, la descrizione/interpretazione di un’opera d’arte al fine di promuovere la produzione linguistica degli allievi.  

Agli studenti, suddivisi in coppie o piccoli gruppi, viene consegnata la riproduzione dell’opera (un’opera per tutti o un’opera per coppia/gruppo; valga come esempio il dipinto proposto a corredo di questo articolo: Passeggiata sul lago di Napoleoni Nani, pittore veneto di fine Ottocento).

Viene quindi dettato loro il questionario: ciascuna domanda corrisponde a un particolare punto di accesso (nel linguaggio dell’autore i punti narrativo, esperienziale ed estetico fanno appello rispettivamente all’intelligenza linguistica, a quelle personali e alla spaziale e alla musicale qui rappresentate insieme).

Una volta trascritte le domande, ciascuno studente risponde in autonomia e successivamente si confronta con il compagno (o i compagni).  

La divergenza tra i punti di vista alimenterà e sosterrà il dibattito. Mosso dalla curiosità di cogliere come l’altro ‘vede’ lo stesso input, ciascuno si troverà spinto ad interagire.

L’idea può essere adattata e replicata ad altri tipi di testo: sia esso linguistico (una poesia, un articolo, una lettera, ecc.) o non-linguistico (una scultura, un motivo musicale, ecc.).

 

Il questionario di Chaz Pugliese è scaricabile qui

 

 

Riferimenti bibliografici

 

Gardner H., Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, Basic Books, New York, 1983, (tr. it.: Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano, 1987).

Gardner H., Intelligences Reframed: Multiple Intelligences in the 21th Century, Basic Books, New York, 1999.

EXTRA

Concetta Lapomarda lavora nel campo della comunicazione scientifica e culturale anche attraverso l’uso dei social media. Si è formata presso l’Università degli Studi di Bari e all’Università degli Studi di Padova, con cui collabora per attività di divulgazione scientifica. A partire dal 2015 cura il sito www.colorability.it

 

Colori per insegnare, apprendere e comunicare

di Concetta Lapomarda

 

Proviamo a immaginare la nostra vita in bianco e nero. Eliminiamo l’azzurro del cielo, il colore del nostro vestito preferito o il tratto giallo che evidenzia un concetto importante nel testo.

Usiamo il colore in vari modi e in diverse situazioni e farne a meno è davvero difficile: ci aiuta a comunicare, lo apprezziamo davanti a un bel quadro e, senza rendercene conto, richiama la nostra attenzione su prodotti e servizi.

 

I colori non sono però tutti uguali; per distinguerli e identificarli possiamo spesso ricorrere a tre caratteristiche: la tinta, la saturazione e la luminosità. Colori simili sono caratterizzati dalla stessa tinta, come il rosso scarlatto, il rosso carminio e il rosso ciliegia, che rientrano nella tonalità del rosso. La saturazione misura la purezza e l’intensità, ossia la quantità di grigio presente nel colore che permette di ottenere sfumature più o meno vivide; infine la luminosità rappresenta la quantità di bianco o di nero contenuta nel colore e si esprime con una scala che va da zero a dieci.

 

I colori influenzano le nostre emozioni e il nostro umore; a ognuno di essi associamo un significato o un’azione: il rosso, l’arancio e il giallo sono stimolanti e li usiamo per attirare l’attenzione, mentre il blu e il verde aiutano a rilassarci. Queste informazioni sono utili nel settore del marketing e della comunicazione, ma possiamo adoperarle anche nell’insegnamento a seconda dell’obiettivo da raggiungere.


Il più delle volte ricordiamo meglio i colori rispetto alle parole. Per questo motivo possiamo usare schede colorate per favorire la memorizzazione dei concetti, o possiamo associare un colore a un argomento per richiamare le informazioni alla memoria con più facilità. Per semplificare l’apprendimento delle lingue, può essere utile scrivere le parole con colori diversi in base alla loro categoria grammaticale.

Anche quando si tratta di poster e materiali illustrativi, la scelta dei colori ci aiuta a veicolare il messaggio con più efficacia. Tema, destinatari, luogo e contesto di esposizione ci guidano nella scelta.


Come esempio osserviamo la palette di colori indicata nell’immagine accanto. Questa combinazione cromatica mi è stata utile nella presentazione di contenuti scientifici durante una manifestazione all’Università degli Studi di Padova. Con l’arancione, colore energico e vivace che attira l’attenzione, ho evidenziato alcuni elementi come titoli e parole chiave. Il blu, invece, richiama i concetti di fiducia e responsabilità: è un colore formale e ben si presta a esporre contenuti scientifici in un ambiente universitario.


Durante la presentazione di un poster-gioco a carattere scientifico, in occasione della Notte Europea dei Ricercatori 2014, abbiamo usato, invece, una palette con il viola come colore dominante perché legato a fortuna e sfortuna nel lancio dei dadi. Nel progetto di una campagna di sensibilizzazione ai temi ambientali, ho impiegato diverse gradazioni di giallo e verde per richiamare i colori della natura.


Che si tratti di materiale cartaceo o digitale, la scelta delle tonalità giuste è finalizzata anche ad avere una buona leggibilità durante la presentazione dei contenuti. Quando progettiamo un PowerPoint da proiettare su una parete, preferiamo un testo scuro su uno sfondo chiaro, in modo da avere una buona visualizzazione anche in condizioni non ottimali. In una presentazione da visualizzare su un monitor, invece, possiamo scegliere anche un colore chiaro per il testo e uno scuro per lo sfondo.

 

Quanti e quali colori possiamo usare nel progetto che stiamo per preparare? I diversi studi sul colore ci offrono indicazioni sugli abbinamenti cromatici da proporre a seconda delle nostre esigenze. Guardando una classica ruota di colori, se vogliamo adoperarne due scegliamo quelli posizionati uno di fronte all’altro, per esempio i complementari rosso e verde; se invece preferiamo usarne qualcuno in più, preferiamo una serie di colori contigui, posti l’uno accanto all’altro in successione come rosso, arancio e giallo scuro.

 

Il colore è dunque strettamente legato all’apprendimento e alla comunicazione. Strumento ideale per coinvolgere chi ci sta di fronte, può essere usato per facilitare la memorizzazione, trasmettere o enfatizzare un messaggio. Scegliendo i colori giusti si ottiene inoltre un prodotto gradevole, altamente leggibile e di grande impatto comunicativo.